sabato 2 aprile 2016

GOCCE

Serenamente contemplo il mare che mi sta innanzi, il leggendario Mar dei Caraibi, teatro di tanti set cinematografici ma ancor più rassicurante coperta che accarezza il volto di queste terre. Mai avevo sentito così forti e così belli la voce e il significato dell’acqua che si frange su queste rive. Pare che il mare abbia qualcosa di speciale da dire, qualcosa che non so ancora, qualcosa che forse attende solo il mio orecchio.
Dalle Kay, dalle costruzioni aperte che ospitano i 116 bambini, non giunge alcun rumore, le tenebre della notte consentono alle stelle di bucare l’oscurità e rendere meno timoroso il bianco uomo che sfrutta la brezza della notte per raccontare… una goccia di racconti, tra le gocce d’acqua che bagnano i fiori e le piante messe a dimora tra aiuole di preziosa terra riportata e pietre create dalle sapienti mani degli scalpellini tra le baracche della bidonville. La goccia di latte che beve Dieudoné cullato da Giulia prima di lasciarsi andare alla notte sul proprio lettino coperto dalla zanzariera. La goccia di sudore che imperla la fronte di chi lavora tra terra, pannolini e mille altre necessità di questo paradiso incluso nell’inferno. La goccia di speranza che questi bimbi hanno nel loro cuore, quella che consentirà loro di crescere e di diventare futuro per queste terre.
Matteo sale a bordo del tap tap e con il prof. Belloni e lo spericolato autista Baloonì cerca piante nei vivai caserecci ai bordi della baraccopoli, Giulia collabora con i giovani operatori haitiani per realizzare le aiuole pronte ad accogliere colore, pronte a essere germoglio, pronte a dimostrare quanto la bellezza possa crescere e rimanere.
Ci sono gocce di fatiche che spezzano la propria misura e ti rendono capace di intuire quanto si possa essere felici anche mangiando un cibo semplice, bevendo acqua pura in un gallone lercio e avendo come cuscino il proprio braccio ripiegato, addormentandosi accanto al respiro di una creatura orfana che cerca il tuo respiro e la morbidezza della tua pancia, peraltro vasta veramente!

Anche l’acqua sembra essere simbolo di morbidezza e di debolezza… ma nulla le è pari nel suo modo di opporsi a ciò che è duro, nulla può modificare l’acqua. La debolezza vince sulla forza e la morbidezza sulla durezza. Qui, alla Kay Pe’ Giuss cadendo, la goccia scava  la pietra, non per la sua forza, ma per la sua costanza.

prof. G.

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