mercoledì 23 marzo 2016

L'ALBA IN UNA POZZANGHERA

È la stagione delle piogge nella “perla delle Antille”, in quel lembo di terra caraibica dagli elevati contrasti cromatici e umani. Apro la strada in solitaria al progetto di quest’anno, con una settimana di anticipo, cercando di fare in modo che tutto sia pronto per l’arrivo di don Franco, di Giulia e Matteo. 
La pioggia cade copiosa all’ora del tramonto e al risveglio, con la luna che fa capolino al canto del gallo, alle quattro e mezza della mattina, anche la bidonville di Waf Jeremie, sembra rinata. La polvere scompare, i colori vivaci delle lamiere luccicano anche al buio, le voci piano piano prendono possesso di quest’aria meno fetida della sera prima ma pur sempre calda, le zanzare cercano riparo tra i pertugi più nascosti delle mura della clinica. È di nuovo Haiti e il Bonfa, o almeno un suo rappresentante, torna nella terra che lo ha visto impegnato anche sotto altre forme nel passato. La luce rivela la bellezza che si è fatta strada grazie al prodigioso intervento del prof. Belloni e degli alunni che si sono succeduti negli scorsi anni per dare un tocco tutto bonfantiniano a questo angolo di paradiso che è la Kay: un orfanotrofio, un asilo, una scuola elementare, una clinica… o più semplicemente una casa accogliente per i piccoli disperati di Waf Jeremie, immensa baraccopoli con altissimo tasso di criminalità e miseria diffusa.
È in una pozzanghera, tra gli ammassi di lamiere della bidonville, che avviene il miracolo; è in un po’ di acqua putrida che qualcosa si muove! È un corpicino di un bimbo di non più di un mese, vispo, rosso in volto, appisolato… ma abbandonato nel peggiore dei modi...
Giunge alla Kay nel verde splendente dei prati, tra i colorati dormitori, i fiori sgargianti delle Bouganville, i grandi Ibiscus e decine di altre essenze locali piantumate da due o tre anni. Non si sa da dove venga, chi sia, come si chiami questa creatura. Si sa che c’è e questo basta per spalancare le porte anche a lui. La sua vita ha incrociato quella di suor Marcella, degli educatori e dei 112 bimbi ospitati. E il miracolo avviene mentre Roseline, una delle educatrici, sceglie il meglio per lui, nonostante non sia particolarmente benestante, sceglie di prendersene cura: Joseph ora ha una mamma premurosa e attenta, dal cuore grande!


Lo coccola, lo accudisce, lo nutre e lui continua a dormire riconoscendo un bene in quelle braccia che lo stringono e lo accolgono, in quelle mani che lo lavano e lo cambiano e che gli offrono un biberon pieno di latte. È questo il contorno di un piccolo/grande/meraviglioso progetto scolastico che cerca di conservare questa “bellezza”, con le competenze di chi le mani nella terra ha scelto di metterle già da qualche anno, per far sì che spunti il germoglio giusto anche in queste estreme periferie del mondo.

Il Bonfa ci prova, il Bonfa c’è e non può che farsi “prendere” in tutto e per tutto da questa bellezza che permane!


Il poeta francese De Musset diceva che per riuscire nel mondo è necessario prendere in considerazione tre massime: vedere è sapere, volere è potere, osare è avere! E qui la forza di volontà è solo un muscolo da allenare! E allora via che si va: alla terra! 

prof. G.

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